domenica 27 ottobre 2013

2025: operazione speranza.

Dov'eri quando ci siamo lasciati alle spalle il novecento e abbiamo varcato, tutti più o meno ubriachi, con pance piene da far schifo e cappellini buffi il nuovo millennio?

Ok, tecnicamente il nuovo millennio è iniziato alle 00:00 del primo gennaio 2001, ma sono dettagli per secchioni tristi di cui non frega una cippa a nessuno. Il millennio nei cuori di tutti è iniziato un anno prima: arrendiamoci all'evidenza: per il doge Pietro II Orseolo, per Innocenzo III, per Giovanna d'Arco, per Vlad l'Impalatore, per Massimo d'Azeglio e per Enrico Beruschi l'anno era sempre iniziato con il numero 1. Poi, tutto d'un tratto, l'anno è cominciato ad iniziare con il numero 2. E' lì che è arrivato il nuovo millennio.

Su Rai 1, la notte di Capodanno nel 2000, c'era lui. E c'è anche adesso. Forse nulla è cambiato davvero.


Non ricordo molto degli altri capodanni. Ma di quel frangente ho in testa, stampato in modo indelebile, ogni singolo istante.

Eravamo andati dagli zii di Campagna Lupia, nella campagna veneziana, ma per me, 14enne già completamente chiesarolo, basabanchi, ciucciastoe e magnaparticoe, era come casa mia, in quanto Campagna Lupia rientra nel territorio della Diocesi di Padova. Credo sia stato uno degli ultimi happening per la famiglia allargata al completo.

Ricordo i "bisati" ai ferri, attaccati alle estremità con dei chiodi e tagliati in due. Ricordo le 75 mila lire spese da mio papà in petardi. Ricordo soprattutto le tagliatelle al salmone affumicato e al basilico. Ricordo la canzone ascoltata in autoradio, mentre l'Opel Astra di mio papà, raccattata la giunonica zia Luigina all'Arcella, avanzava tra i campi umidi e tra il buio pesto verso la casa della zia Anna: era "Un giorno migliore" dei Lunapop. La prima volta che la sentivo.


"Un giorno migliore" - non mi sono mai piaciuti i Luna Pop, ma questa canzone l'ho sempre adorata.


Cullato da quelle parole, ero davvero convinto che domani sarebbe stato un giorno migliore. Il "secolo crudele" cantato qualche anno prima dai Doc Rock a Sanremo stava ormai esalando gli ultimi respiri. Il futuro non era una parola da pronunciare piena d'angoscia, ma la proiezione di una progressione geometrica del bello del presente. "Oggi stiamo bene? Domani lo staremo di più". "Oggi c'è più pace di ieri? Domani ce ne sarà di più".

Che bella atmosfera si respirava in quei mesi di D'Alema bis. I negozi che aprivano li chiamavano tutti Caffè 2000, Alimentari 2000, Auto 2000, Pompe Funebri 2000. Pareva che da un giorno all'altro avremmo avuto il robot domestico, l'auto volante, il teletrasporto, stipendi da 5 milioni di lire.

Il 2000 era il futuro: gli anni che lo precedevano sono stati stupendi perché proiettati verso di esso. Poi però abbiamo attraversato la soglia. E l'effetto Giacomo Leopardi, quello del Sabato del Villaggio, tanto per intenderci, è piombato su di noi come le sentenze della Cassazione sono piombate sul Governo Letta.

Clicca sull'immagine: ascolterai le prime parole che ho udito nel nuovo secolo.
Su Rai 1 il secondo millennio si è chiuso con Carlo Conti e si è aperto con Karol Wojtyla.

L'11 settembre, il lavoro sempre più difficile, le guerre, il decennio berlusconiano del disimpegno e della chiusura dei recinti, la paura crescente, l'Internet vissuto non come apertura verso gli altri ma come ripiego su sé stessi.

Le belle speranze spazzate via. Il termine futuro che ci fa paura. L'avanzata tecnologica vista come l'appropriarsi di un cellulare un po' più figo e non più come ulteriore liberazione dell'uomo dal suo senso di precarietà, che i teologi chiamano "peccato originale".

Emblema di tutto ciò la morte dello Shuttle e dei progetti di esplorazione spaziale. Non abbiamo più il coraggio di guardare le stelle e di sognare.

Il progetto Constellation, che ci avrebbe riportato sulla Luna e su Marte, non partirà più.
"Houston, abbiamo un problema. Non abbiamo più voglia di sognare".

Allora me ne esco con una soluzione stupida, infantile, che però potrebbe funzionare proprio perché stupida e infantile. Illudiamoci di nuovo, perché solo i pazzi, gli illusi e i sognatori sono capaci di cose grandi. A differenza degli intelligenti, infatti, dispongono dell'arma più forte di tutte. Arma che qui intorno non si trova manco a pagarla oro: la speranza.

Fissiamo una data, e orientiamo la nostra vita in funzione di essa... Inventiamoci un nuovo futuro, dato che il futuro vecchio non ha funzionato... Che ne so, il 2025.

Crediamoci fermamente. Diciamocelo ogni mattina. Abbiamo 11 anni di tempo.


Un 2025 possibile.


Nel 2025 avremo tutti un posto di lavoro stabile e un tetto sopra la testa.
Nel 2025 sarà possibile amare ed essere amati.
Nel 2025 i nostri dubbi più intimi e dolorosi saranno spazzati via dalla luce della verità.
Nel 2025 l'aria che respireremo sarà migliore.
Nel 2025 saremo capaci di divertirci tutti come si divertono i bambini.
Nel 2025 i politici ci serviranno, e non saremo più noi a servire i politici.
Nel 2025 saremo felici di pagare le tasse, perché lo Stato funzionerà, e l'Europa sarà non solo un'istituzione finanziaria.
Nel 2025 le parrocchie saranno il cuore pulsante della Chiesa, i patronati e le chiese avranno sempre le porte aperte anche per i più distanti e dubbiosi. Saranno tutte sempre piene di giovani, veri protagonisti della vita parrocchiale e non più solo forza lavoro di cui i vecchi possono disporre alla cacchio.
Nel 2025 la Chiesa sarà il granaio di speranza per tutta l'umanità.
Nel 2025 l'unica guerra che faremo sarà giocando alla Playstation 7.
Nel 2025 saremo tutti felici.

Ma nel 2025.

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