giovedì 24 ottobre 2013

Santini non convenzionali: San Mosé l'Etiope

E con questo post, con il quale mi attrarrò le scomuniche di migliaia di vescovi sparsi in tutto il globo, inauguro una rubrichetta dal titolo "Santini non convenzionali". L'agiografia, si sa, è quel genere letterale che racconta, con un'atmosfera un po' ovattata da fiction Lux Vide (stile che tra l'altro adoro, ma questo è un altro discorso), le storie di vita di quelle donne e di quegli uomini che, nel corso dei secoli, si sono guadagnati sul campo una righetta nel martirologio romano, il libro che raccoglie santi, beati e venerabili d'ogni specie.

Il martirologio romano.

Ma cosa sono i Santini non convenzionali? Semplicemente le storie dei santi raccontate come le si racconterebbero fuori dalla sacrestia e dal patronato, lontano dal puzzo d'incenso e dalle spume da 200 lire. Né più, né meno. E così, se ci allontaniamo per un momento dalle faccettine confuse sui santini di merletti, possiamo toccare con mano che i Santi, in fondo in fondo, erano come noi. Peccatori, a volte come noi, impacciati, a volte come noi, capaci di scatti d'ira, a volte, come noi. Tra santi intelligenti e santi stupidi, tra santi ricchi e santi poveri, tra santi giovani e santi anziani è praticamente impossibile non sentirsi un po' rappresentati da questo mare d'umanità. 

San Mosè l'Etiope
III secolo

Intimoriti? Dovreste esserlo. San Mosé l'Etiope non era tipo da berci il the
coi pasticcini nella magione della duchessa di Cambridge tra una partita di bridge e l'altra.

Hide yo kids, hide yo wife. Se volete un santo tipo chierichetto alla Tarcisio di Max Pisu vi conviene cercare altrove. San Mosè il nero - o l'etiope - nato il 330 dopo Cristo, residente in Egitto, non sfigurerebbe come protagonista di un GTA ambientato al Cairo in tarda epoca romana, dove al posto di rubare le macchine freghi i cammelli.

Alto due metri, la sua etnia non gli aveva dato il ritmo nel sangue, ma una prestanza fisica che lo aveva trasformato in una macchina da guerra armata a proteine. Tipo Terry Crews.

Anche Terry Crews diventerà santo, un giorno. Me lo sento.

In giovane età lasciò l'Africa centrale per recarsi in cerca di gloria nel più ricco Egitto. All'epoca non c'era bisogno di permessi di soggiorno, centri di prima accoglienza e menate varie: in poco tempo trovò lavoro da un riccone egiziano. Mansione: tutto fare. E il buon Mosè fece di tutto. Nel senso che iniziò a derubare il suo datore di lavoro sottraendogli l'argenteria, gli elettrodomestici e i soldi nascosti sotto il materasso.

Licenziato in tronco, non si perdette d'animo in quella crisi occupazionale, ma si mise in proprio. Nel senso che si appropriò di tutto quello che aveva sotto tiro. Certo, non è che ti potevi opporre di fronte un Marcantonio di colore capace di stenderti solo con i muscoli del mignolo.

Come per gran parte dei padri del deserto, il culto di San Mosè è diffuso in
modo particolare tra gli Ortodossi. Fortunatamente, però, prima dello strappo del 1054,
la Chiesa era una sola, dunque i santi funzionavano per entrambi. 

Il vescovo Palladio (all'epoca i giornalisti non esistevano, erano i preti e i religiosi che buttavano giù le storie nero su bianco - tipo Famiglia Cristiana), che ne raccontò la vita, ci narra di quella volta che fu sorpreso da un contadino lungo il Nilo mentre cercava di fregargli l'Alfetta (ok, questo non l'aveva scritto, ma rende l'idea). Il contadino però si pentì immediatamente di averlo disturbato mentre già armeggiava coi fili dell'accensione, e alla prima occhiata, scappò via a gambe levate. Palladio - che non era tipo da scrivere fandonie sebbene la deontologia l'abbiano inventata un fracco di anni dopo - ci racconta che Mosé lo inseguì a nuoto per più di un miglio attraversando il Nilo in piena. Tra i denti teneva ferma la spada con cui scotennarlo. Palladio, purtroppo, non ci racconta come andò a finire, ma c'è in Egitto chi afferma di sentire ancora oggi, ogni tanto, alcune eco di grida sul Nilo tipo gatto squartato.

Mosè diede l'avvio a una bella attività in franchising: con decine e decine di sottoposti si divertiva a razziare in lungo il largo in Egitto, che all'epoca l'associazione a delinquere non sapevano manco cosa fosse. Non era un Robin Hood: fregava ai ricchi come fregava ai poveri. E la vita, se la godeva. Palladio, infatti, ci riporta scandalizzato come ai furti seguissero feste, bagordi e baldorie che manco Hugh Hefner quando ancora non lo tenevano in vita artificialmente.

Sebbene la rubrica si chiami "Santini non convenzionali", sempre di santini si tratta. E così, nella vita di Mosé, qualcosa di bello successe. Non fu una folgorazione modello San Paolo, ma il lento sorgere  della consapevolezza che sgozzare barcaioli e intrattenersi con battone da fiera agricola, alla lunga non soddisfi proprio un bel nulla.

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Con la forza e la decisione con cui gridava "Questa è una rapina, motherfucker!" si lasciò alle spalle la vita di prima ed entrò in un monastero, che le cose all'epoca le si facevano seriamente o non le si facevano. E come prima c'aveva i complici nel male, poi trovò dei complici del bene, convertendo alcuni dei suoi più vecchi compagni di merende.

Pregava, lavorava, se ne stava tranquillo. Stile gigante buono alla Bud Spencer.

Ma la vita vecchia, per tutti, ogni tanto fa a cazzotti con quella nuova. In tutti i sensi. E così, un giorno, nel suo monastero, irruppero quattro scappati di casa con la smania di fare i rapinatori. E con la sfiga tipica dei non professionisti, come prima cella decisero di entrare proprio in quella dove il buon Mosè era intento a pregare. Palladio non osa dirci cosa successe davvero: ci riporta solo che colleghi monaci videro Mosè rrivare negli spazi comuni con i quattro rapinatori legati e resi inoffensivi sulle spalle. Tutti e quattro insieme. Leggeri "come sacchi di paglia", spiega Palladio, che con le analogie non era poi così bravo. Neanche a dirlo, i ladri si convertirono immediatamente.

Ma non fu dimenticare la violenza la prova più dura da affrontare per Mosè il nero, ma la lussuria. Come a dire, citando la pubblicità delle Pringles, once you pop, you can't stop. Eppure, con l'aiuto del vecchio monaco Isidoro, Mosé riesce a prendere a cazzotti Satana come manco Mohammed Alì. Palladio ci riporta la sua spocchia: "Arrivò al punto che temeva il demonio meno di quanto noi temiamo le mosche". Beccati questo, Satana!

Notizia interessante: San Mosè l'Etiope è particolarmente venerato dalle comunità
cristiane afroamericane di religione ortodossa. Incredibile! Non l'avrei mai detto.


Prima di morire, nel 405, all'età di 75 anni, divenne anche prete, lasciando settanta discepoli e ammiratori a continuare la sua opera in quel di Scete, nell'area desertica dell'Egitto.

Il martirologio romano si bulla: da "ladrone insigne" il buon Mosè si è trasformato in "insigne anacoreta". La Chiesa lo ricorda il 18 giugno. Dunque, la prossima volta che vi troverete di fronte a un gangsta patentato, a un criminale senza scrupoli, portare rispetto. Anche lui potrebbe un giorno diventare santo.

Ma già che ci siete, impegnatevi anche voi! (E con questo, ovviamente, non vi sto invitando a diventare dei banditi del quarto secolo).

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