sabato 6 giugno 2015

Il linguaggio della resa


Ve lo dico fuori dai denti. Schietto, senza troppi giri di parole. Del resto, penso che sia il modo migliore per rendere giustizia alle vostre parole, tanto coraggiose quanto poco oculate.

No. Cari autori della famosa lettera: non è stata per niente una buona trovata. Non farà del bene né al dialogo né alla Chiesa di Padova. 

Lo so, lo so. Siete giovanissimi, avete dai 22 ai 23 anni: dal vecchiume dei miei 29 anni avrei potuto incontrarvi in qualità di animatore a qualche grest o gruppo di Ac. Tutti vi dichiarate impegnati nelle parrocchie e nei vicariati, tutti vi sentite guidati da una causa nobile. E la realtà che vi circonda ve lo dimostra giorno per giorno: sentite i fremiti un mondo in continua fermentazione, dove tutto cambia e dove soprattutto tutto sembra debba cambiare. Dall’altra, però, passate tanto del vostro tempo – e per questo vi ringrazio – dentro una Chiesa che, nonostante le accelerazioni che sta imprimendo papa Francesco, sembra ancorata al passato. 

Sono in gioco due partite. La prima è quella dei diritti: la possibilità, cioè, di permettere a delle persone che hanno contratto un legame affettivo di poter godere di certe agevolazioni e peculiarità, ben sintetizzate dal classico esempio della visita in ospedale. La seconda partita, apparentemente, è una diretta derivazione della prima. In realtà, la trascende completamente. È quella del riconoscimento sociale. L’estensione automatica del concetto stesso di famiglia e di matrimonio a tutti e a tutto. Nella vostra lettera l’opinione pubblica sembra più importante dell’accoglienza delle persone omosessuali (che già c’è, se non lo sapeste). 

Questo non è assolutamente un tema “cattolico”. Perché il matrimonio è un sacramento da soli duemila anni: per tempi decisamente più lunghi questo istituto naturale è stato il tassello fondante della società umana. Di ogni società umana. La vostra lettera, tra le tante contraddizioni, tradisce l’equivoco che da una parte (la Chiesa, i politici asserviti, i “vecchi”) si stia “fermi”, dall’altra invece brilli il sol dell’Avvenire di un futuro dove addirittura, grazie a un «graduale e ragionato riformismo sulle unioni civili», si potrà addirittura «sospendere la riflessione su quei punti che destano maggiori perplessità, quali l’adozione ai minori». 

Da “operaio” della comunicazione mi sento di dirvi che la vostra lettera, forse un po’ troppo impulsiva, è un autogoal clamoroso anche in termini di comunicazione. Voi state parlando di diritti. Il dibattito pubblico, i media, la maggioranza vorace dei social ha già capito tutt’altro. Pensa che voi vi stiate riferendo direttamente al riconoscimento pubblico. Avete cercato di mostrare uno squarcio all’interno del tessuto ecclesiale ricollegandolo proprio al concetto di “attivi in diverse realtà della Diocesi di Padova” come se potesse scusare tutto il resto. C’è stato un confronto interno per far nascere questo documento, magari dentro le associazioni o i gruppi, oppure avete “fatto tuonare i cannoni” cercando solo qualche firma in più? 

Chiedete ai media di smetterla di «dare l’immagine di una Chiesa arroccata su una posizione immobile su questi temi». Anzi, addirittura pretendete la par condicio domandando ai media di smettere di dare spazio «solo a quelle voci che, pur legittimamente, esprimono posizioni contrarie ai diritti civili per gli omosessuali pretendendo però che queste appartengano a tutti i cattolici». Piccola notizia: non si decide che cosa è cattolico o no. 

Ci siete cascati con tutte e due le scarpe, ragazzi. E mi fa male vedere i nomi di tanti amici tra coloro che hanno firmato queste tesi, il cui unico scopo sembra essere quello della ricerca di visibilità in giorni “delicati” per la vita della Chiesa di Padova. Il tema o lo si affronta tutto insieme o non lo si affronta. Altrimenti tutto si riduce a una chiacchiera da bar, senza la consolazione di una buona birra media a fare da contorno. 

Non vedo alcun accenno – per dimenticanza o semplice ignoranza, dato che i media non ne parlano – sul tema dell’educazione: già, perché, tra pochi anni negli asili sarà “omofobo” far giocare i bimbi con le macchinine e le bimbe con le bambole. Niente sul tema dell’utero in affitto: sempre più coppie, etero o gay (tra cui un senatore della Repubblica e il suo compagno) ricorrono a “mamme incubatrici” – spesso povere giovani del terzo mondo – per portare a termine le loro gravidanze. Una sorta di supermarket del bimbo che non impensierisce affatto le femministe ma che anzi fa gridare al “miracolo della vita”. Lo sapevate? Non avete poi scritto niente sul valore positivo della famiglia, sempre più messa in difficoltà da precarietà economiche ed esistenziali, per la quale i famosi politici che dovrebbero dimostrare “la purezza della loro cattolicità” non fanno nulla. (P.S. Da quando, per noi cattolici, la cattolicità è qualcosa di brutto?). 

Mi direte che non vi siete espressi su questi temi, perché per voi, su questi, la Chiesa ha ragione. No: vi siete già espressi, e pure in modo eloquente, perché anche il silenzio parla. Specie in questi contesti. 

Carissimi ragazzi, vi sento decisi, volenterosi, siete sicuri su tutto, e l’energia dei vent’anni certamente aiuta. Sarebbe bello confrontarsi davvero, senza le forzature, gli strappi, il venire alla conta, cercando di trovare la forza delle proprie idee nascondendosi dietro una lista di nomi. 

Proprio in questi giorni, in molte zone del mondo c’è chi sceglie l’aderenza a Cristo e al Vangelo fino a pagarne le conseguenze estreme. Se i fedeli non arretrano di fronte alle minacce dell’Isis, perché noi arretriamo di fronte al biasimo dei social media o agli editoriali di qualche ben pensante? In Irlanda, nonostante gli enormi scandali della chiesa locale, la propaganda unidirezionale dei media e il fatto che le adozioni per gli omosessuali fossero di fatto già possibili dallo scorso gennaio per via di una legge del parlamento, il 40% ha ribadito che la famiglia è formata da uomo e donna. A loro non diamo peso? 

C’è da fare una scelta, ragazzi. Resistere o omologarsi. Io la bandiera bianca non la sventolo.

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