domenica 15 febbraio 2015

Vi prego, non chiamiamolo più "Festival della Canzone Italiana"



"Ti lascio una canzone" è indubbiamente il più grande obbrobrio della Tv Italiana, peggio dei reality, dei soft-porn, di tutte le boiate che ci hanno propinato in questi vent'anni.
E' un programmino che sa di recita scolastica andata a male, con un tocco morboso tipico di chi fa cantare canzoni amorose ed erotiche a bimbi e bimbe di otto anni. Ebbene, i prodotti di questa cloaca televisiva hanno vinto il Festival di Sanremo.
Ed è un peccato, perché l'edizione targata Carlo Conti non era manco malaccio, soprattutto per i meriti del suo conduttore. In un panorama di buone, se non ottime canzoni, il pezzo de "Il Volo" è un'accozzaglia di esercizio canoro che fonde Claudio Villa ai ritmi sempre uguali del pop latino sudamericano. Parole vuote, che non comunicano il senso della canzone né ci tengono a farlo: "Amoreeee, Amooreeee". E basta.
Il nulla. Se avesse vinto questo Festival Platinette sarei stato cento volte più contento, perché quella di Coruzzi è una canzone. Quella de "Il Volo" è una esibizioncina da karaoke del venerdì sera.
Pensavamo di avere toccato il fondo con Scanu e Carta. E invece no, perché dopo il fondo si può addirittura scavare. E quando scavi il fondo raggiungi l'inferno, dove domina il vero Satana della tv italiana: Antonella Clerici, la tele-massaia simbolo dell'Italia colloquiale priva di ogni benché minima traccia di talento che si crogiola nella sua mediocrità e palese incapacità.
Facciamoci un favore: non chiamiamolo più "Festival della Canzone Italiana". I Vecchioni stanno diventando un'eccezione. Chiamiamolo "Festival dei reality di mediolandia".

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