martedì 25 agosto 2015

Caro bimbo del 1992 (dopo una settimana in Sicilia)

Quando sei un bambino tra i sei e i sette anni la tua mente è una spugna. Ogni cosa che vedi, che leggi o che ascolti resterà impressa per sempre nella tua testolina esattamente nel modo con il quale ti è stata presentata. Non importa se ti dimenticherai il giorno o la circostanza di ogni nuova scoperta, ma le associazioni che farai resteranno sempre.

Il Milan del quale tuo papà ti compra sempre i poster nella vana speranza di vederti un giorno milanista sarà sempre la squadra di quel nero coi capelli ricci e col faccione simpatico, la moltiplicazione è quell’operazione matematica che imita – come ti ha insegnato la maestra Anna Andolina – Gesù con i suoi pani ed i suoi pesci, le tartarughe, anche quelle piccole che puzzano, sono tutte potenzialmente dei guerrieri ninja con i nomi degli artisti rinascimentali. Anche quando hai quasi 30 anni, sei juventino e la matematica ti serve solo per calcolare l’Irpef  una piccola parte di te è ancora in prima elementare. In fondo in fondo, resti sempre un bambino del 1992.

Caro bambino del 1992... è a te che scrivo dopo questi sette giorni in Sicilia.

Ma per te la Sicilia non è la meta del campo diocesano di Ac a cui hai voluto partecipare, ma è ancora quell’isola assolata di cui parlano tanto in televisione. È ancora quella terra bruciata dal sole dove si spara sempre e dove le bombe fanno esplodere signori con i baffi. Con gli anni, caro bimbo del 1992, assocerai alla Sicilia tante altre cose: Franco e Ciccio, Nibali, Mattarella. Ma non c’è bambino del 1992 nel cui immaginario non rimbombi ancora il tritolo di Capaci e quello di via d’Amelio.

Caro bimbo del 1992, ho voluto portarti al Sud, più a Sud di quanto non eri mai stato. Ti ho portato a toccare con mano la pietra arenaria che dà forma alle case popolari e ad assaggiare il ripieno delle arancine. Ti ho messo lì, con i suoi occhiali storti, perché vedessi quanto è stretto lo stretto di Messina e quanto nere sono le ceneri dell’Etna.

Il camposcuola dal titolo “Giovani, Lavoro e Vangelo” ti voleva immergere nel Progetto Policoro, un progetto della Cei per creare lavoro dove spesso si è cercato solo un “posto” per arrivare alla fine del mese. E ti sei sorpreso, caro bambino del 1992, nel vedere come la Sicilia del tritolo, ancora con quel sole che picchiando forte annulla ogni colore, ospiti così tanta ricchezza. Giovani che combattono per la legalità, ragazzi e ragazze che dopo una vita nei patronati con gli scout e l’Azione Cattolica non solo non hanno chiuso in un cassetto tutto quello che hanno imparato, ma lo usano come attrezzo di lavoro per costruire un pezzettino di futuro nel loro territorio. Imprese turistiche, campetti di calcetto, parchi avventura, copisterie, alimentari, cooperative sociali, negozi di fumetti che hanno come business plan quel libretto scritto 2000 anni fa e che ha cambiato il mondo. L’energia e la vitalità che hai respirato ti saranno utili, caro bimbo del 1992, nei prossimi mesi, per quelle due o tre ideuzze che ti girano in testa.

Ora che sei tornato a casa, caro bimbo del 1992, forse ti sentirai un po’ vecchio se messo a confronto con i tanti bimbi del 1999 e persino del 2002 con cui hai condiviso questa frazione di cammino. E forse ti chiederai – sulla scia del tema del campo che hai appena vissuto – se non sia il caso di “contemplare” un po’ di più anche il frutto di tanto tuo lavoro, che non si limita più ai temi in stampatello sui dinosauri, ma che è fatto di campagne adwords, articoli di giornale e trasmissioni radiofoniche: insomma, le porcherie degli adulti ai tempi delle reti digitali. E forse – addirittura – ti chiederai se per inerzia o accidia non hai davvero in questi giorni detto quei “grazie” che il cuore avrebbe voluto dire, troppo impegnato a cercare perfezioni ultraterrene.

Caro bambino del 1992, prima di lasciarti andare a nanna, vorrei convincerti dall’alto dei miei quasi 30 anni che il mondo è davvero un posto magnifico, che i sogni si possono realizzare, che dove scoppiavano le bombe ora crescono i limoni e i bambini come te possono mangiare tutti i cannoli che vogliono. Sarà la stanchezza, sarà il lungo viaggio, eppure, caro bambino del 1992, sai che ti dico? Forse mi sto convincendo un po’ pure io. 

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